Poche e frammentarie sono le notizie relative alla vita di Francesco Minà Palumbo nel periodo compreso fra la nascita e il conseguimento della laurea. Fino a poco tempo fa, infatti, si è pensato (e scritto) che egli fosse nato il 14 marzo 1814. Grazie alle meticolose ricerche condotte da Giuseppe De Luca sui registri parrocchiali, che però non forniscono un dato certo, appare legittimo assumere il 10 marzo, giorno del battesimo, come data di nascita dello scienziato. Anche perché, argomenta De Luca, «essendo usanza di quei tempi [...] battezzare al più presto i neonati, eventualmente magari in casa, nella stessa giornata, si dovrebbe desumere che Francesco Minà Palumbo possa essere nato fra il 9 ed il 10 marzo 1814, al più tardi»[1].

Assai dubbie, se non addirittura errate, sono anche le date e le tappe relative al suo percorso di studi. Lo stesso De Luca scrive che «non esistendo, nei primi anni del secolo XIX scuole pubbliche a Castelbuono, [...] lo zio sac. D. Domenico Palumbo, fratello della madre, e il sac. D. Antonio Mogavero, furono, quindi, esclusivamente, i primi maestri [...] del piccolo Francesco»[2]. Ultimati gli studi primari, il giovanissimo Minà fu avviato a compiere gli studi superiori a Palermo e – continua De Luca – «nel 1839, nell’Ateneo palermitano, quasi venticinquenne, il giovane Francesco conseguì la laurea in medicina meritandosi la medaglia d’argento»[3]. La data 1839 si rivela subito in stridente contrasto con quella leggibile in un documento dell’archivio di Minà pubblicato nella Iconografia della storia naturale delle Madonie come «diploma della laurea in chirurgia conseguita da Minà Palumbo nel luglio del 1834»[4].

Il documento datato die XXVI Iulii 1834

Il contenuto di quest’ultimo, che attesta il conferimento di una medaglia d’argento a Minà, merita tuttavia un approfondimento e forse più di una precisazione.

Preliminarmente bisogna tenere presente che ai fini della formazione dei professionisti del Regno delle due Sicilie, l’ordinamento scolastico dell’epoca, regolamentato con il decreto del gennaio 1817 che ne estendeva la validità anche ai Reali Dominj al di là del Faro, prevedeva un percorso di studi segmentato in scuola primaria, scuola superiore (liceo o collegio) e università. A Palermo, nel periodo che ci interessa, i licei (a indirizzo letterario, medico e giuridico) conferivano i gradi dottorali di approvazione e licenza, mentre la laurea era conferita nel­l’università.

Centrale, nell’economia delle argomentazioni che seguono, è l’architettura dei reali licei, strutturati in maniera assai diversi dagli attuali, che costituivano una scuola di primo grado universitario dipendente dagli atenei. Più propriamente erano detti licei dell’università, come si legge in un documento dove «l’intendente di Catania, l’11 novembre 1818, comunicava alla Deputazione degli studi la necessità di intervenire ad un congresso nel liceo dell’università per l’apertura del nuovo anno scolastico che sarebbe decorso dal 16 novembre»[5]. La strettissima connessione fra reali licei e università emerge dal fatto che a dirigerli erano posti i Rettori delle università e che i corsi di indirizzo, erano tenuti nell’università da professori dell’ateneo. Inoltre, anche se la verifica del conseguimento dei gradi dottorali era di competenza delle commissioni d’esame istituite nei licei, il giudizio definitivo per l’ammissione ai gradi dottorali era riservato unicamente alla Commissione di pubblica istruzione dell’università.

Punto di partenza per l’ammissione a uno dei tre indirizzi liceali era la frequenza del corso di base a indirizzo comune al termine del quale, previo superamento di un esame che si poteva sostenere non prima di avere compiuto i 16 anni di età, si conseguiva la cedola in filosofia e letteratura. I documenti rintracciati e le considerazioni che qui si svolgono, permettono di inferire che Minà Palumbo conseguì la cedola nel 1830 e, nel novembre dello stesso anno, cominciò a seguire i corsi liceali previsti dall’indirizzo medico.

Ogni liceo, come si è detto, doveva specializzare in una facoltà universitaria attraverso l’attivazione di specifiche cattedre. Per potere conseguire il grado dottorale successivo, l’approvazione, gli allievi dovevano seguire corsi universitari triennali nei licei o nelle facoltà dell’ateneo. Per l’indirizzo medico le materie del piano di studi prevedevano:

- chimica e farmacia (con dimostrazioni nel laboratorio di chimica);

- storia naturale (con dimostrazioni nei gabinetti di mineralogia, di zoologia e nell’orto botanico);

- diritto del Regno e procedura civile;

- diritto e procedura criminale;

- anatomia e fisiologia (eseguendosi le sezioni anatomiche nel teatro a ciò destinato);

- chirurgia teoretica e pratica, compresa l’ostetricia (eseguendone la parte clinica nell’ospedale);

- antepratica di medicina;

- medicina pratica.

Anche se non ci sono documenti che lo attestano esplicitamente, dai copiosi dati riportati da Cancila[6], è possibile dedurre che Minà Palumbo, durante la sua permanenza a Palermo, ebbe modo di seguire le lezioni di anatomia tenute da Giovanni Gorgone, di fisiologia di Michele Foderà, di chimica di Antonino Furitano, di chirurgia e ostetricia di Salvatore Manzella, di medicina pratica di Mariano Dominici. Minà Palumbo seguì anche le lezioni di botanica tenute da Vincenzo Tineo, solitamente fra maggio e giugno, come riportato da Béguinot e, più volte, da Mazzola, Raimondo e altri.

Alla fine dei corsi, che si svolgevano nel periodo compreso fra novembre e luglio, gli studenti liceali sostenevano gli esami per l’ammissione all’anno successivo. Al termine del triennio, dopo avere sostenuto gli esami, consistenti in prove scritte in latino su fisica, anatomia, fisiologia e nosologia, la Commissione di pubblica istruzione dell’università, visti gli atti della Commissione interna, rilasciava l’approvazione in medicina (con la quale si poteva esercitare la professione di farmacista, salassatore e dentista). I documenti permettono di fissare al 1833 l’anno in cui Francesco Minà Palumbo consegue l’approvazione in medicina.

Nell’anno accademico 1833/34 Minà frequenta i corsi impartiti nell’università e, dopo avere superato gli esami che prevedevano, tra l’altro, prove scritte in latino su chimica, farmacia e igiene, a 20 anni, nel 1834, consegue la licenza in medicina con la quale, sulla base della normativa vigente, può esercitare la professione di chirurgo e di professore privato ma non quella di medico, per la quale è necessaria la laurea.

I regolamenti universitari del tempo recitano che «dopo un altro anno, che ha conseguita la licenza, e che ha frequentati gli studj nell’Università, si può l’aspirante esaminare per la laurea».

Pur disponendo di pochi documenti, i vincoli che la legge imponeva, vale a dire conseguimento della cedola a 16 anni, tre anni di corso per l’approvazione e uno per la licenza, permettono tuttavia di concludere che a venti anni, nel 1834, Minà non poteva essere in possesso della laurea in medicina ma solo della licenza. Ciò consentirebbe di escludere che il documento datato 26 luglio 1834 pubblicato nella Iconografia della storia naturale delle Madonie possa rappresentare il diploma di laurea di Minà.

Il testo in latino del documento

La traduzione[7] dello stesso, che di seguito si riporta, lo confermerebbe.

Il Presidente e la Commissione della pubblica istruzione

 a Francesco Minà

Onore a te, vanto del pubblico liceo, che nell’intero corso di studi di chirurgia ti sei impegnato con tutte le forze per superare tutti gli altri e ottenere il primo posto tra i più meritevoli. Accetta la medaglia d’argento quale riconoscimento onorifico volto a sottolineare il valore del tuo ingegno e nello stesso tempo a stimolare sempre di più il tuo impegno, perché tu possa raggiungere le vette più alte del sapere per il bene tuo e della patria.

La traduzione e la data 1834 fanno propendere, invece, per un attestato di merito conferito a Minà «vanto del liceo pubblico» per essersi distinto dagli altri studenti nel corso dell’intero curriculo degli studi di chirurgia. Publici decus lycei, inequivocabile riferimento al liceo dell’università, lascia pochi dubbi sul fatto che l’attestato sia da riferire al quadriennale percorso liceale (tre anni per l’approvazione e uno per la licenza). Sul frontespizio della memoria medica Con quali mezzi si può assistere una donna con bacino viziato dal settimo mese in poi di gravidanza si legge «Discorso di Francesco Minà Palumbo Dottore in Chirurgia, e premiato nella medesima di una medaglia della R. Università di Palermo». D’altra parte, nel saggio della Raffaele[8] si legge che nei licei dell’università «premi erano previsti per gli alunni più meritevoli».

L’attestato è firmato, in conformità a quanto detto prima, dall’intera Commissione di pubblica istruzione dell’università di Palermo che, rinnovata nel 1833[9], era così composta:

- Princeps Malvaniae Praeses [Ignazio Migliaccio Moncada, Principe di Malvagna, Presidente della Commissione P.I.],

- S.E. Raymundus Palermo [Padre Raimondo Palermo, Rettore dell’Università],

- Xaverius Scrofani [Saverio Scrofani, segretario generale dell’Accademia di scienze lettere ed arti, nonché vicepresidente del Regio Istituto di incoraggiamento d’agricoltura, arti e manifatture],

- Petrus Cantor India [Pietro India ciantro, prima dignità fra i canonici cantori e giudice della Regia Monarchia],

- Marchio S. Hyppoliti [don Andrea Sarzana, Marchese di Sant’Ippolito],

- Dominicus Scinà [Domenico Scinà, fisico, Segretario dell’Università].

Le firme dei componenti la Commissione Pubblica Istruzione dell’Università

La Commissione di pubblica istruzione dell’università di Palermo era un organo puramente amministrativo e, a parte Scinà e per certi versi Scrofani, nessuno dei suoi componenti era in qualche modo inquadrabile nella «cultura scientifica palermitana dell’epoca». Lo stesso Scinà ne faceva parte non in quanto insigne fisico ma per la sua potenza politica all’interno dell’ateneo.

Ritornando alla carriera universitaria di Minà, nel 1834 egli consegue – con merito – la licenza in medicina e si appresta, quindi, a seguire un altro anno di corsi universitari per potere sostenere gli esami di laurea. Se si considera ora il fondamentale dato riportato da Mazzola[10] secondo cui nell’archivio di Minà sono conservati gli attestati di frequenza ai corsi svolti nell’ateneo napoletano da Salvatore Maria Ronchi (medicina e chirurgia legale e polizia medica), da Giovanni Cosentini (chirurgia), da Giovan Battista Quadri (oftalmia) e da Pasquale Leonardi Cattolica (ostetricia), «tutti risalenti all’estate del 1835», si è indotti a ritenere che Minà Palumbo, presumibilmente fra la fine del 1835 e gli inizi del 1836, conseguì la laurea in medicina a Napoli e non a Palermo, come si è finora pensato. L’equivoco potrebbe essere sorto non considerando che il liceo di allora era una scuola di primo grado universitario e la licenza in medicina una sorta di laurea di primo livello abilitante all’esercizio della professione di chirurgo.

Quanti hanno scritto attorno alla vita di Minà Palumbo, a cominciare da Béguinot nel 1923, hanno riferito che dopo la laurea Minà si trasferì a Napoli per frequentare un corso di specializzazione biennale. Il dato, ripreso dal necrologio dettato da Failla Tedaldi, è riportato da Béguinot in maniera fuorviante perché è vero che l’entomologo di Castelbuono scrive che Minà «conseguiva la laurea in medicina e chirurgia nell’ateneo palermitano» (che, come si è visto, potrebbe essere, invece, la licenza in medicina) ma aggiunge che «poscia recavasi a Napoli a completare gli studi frequentando le cliniche e gli ospedali di questa vasta metropoli», senza dunque accennare ad alcuna scuola di specializzazione. D’altra parte, in quel tempo, la laurea in medicina permetteva di esercitare la professione di medico ma anche quella di «chirurgo in capo e di prima classe dell’armata, di chirurgo de’ pubblici stabilimenti, di oculista, norcino, professore universitario, professore liceale». Se, dunque, la laurea dava accesso ai ruoli accademici e professionali più prestigiosi, non pare ci siano elementi che possano fare ipotizzare la frequenza di una scuola di specializzazione per l’ammissione ai ruoli più alti della professione medica. Ciò appare confermato dalla corposa letteratura in materia di ordinamento universitario nel periodo pre-unitario dove non si fa menzione di scuole di specializzazione post lauream. Le considerazioni svolte si accordano con quanto riportato da Mazzola secondo il quale «Minà Palumbo rimase a Napoli almeno fino al 1836, come si desume da alcune lettere che lo raggiunsero dalla Sicilia, ma dal frontespizio di un suo manoscritto inedito si evince che nel 1837 egli si era già reinsediato a Castelbuono»[11]. In più, permettono di ipotizzare che nel biennio 1836-37, tra il conseguimento del titolo di studio e il ritorno a Castelbuono, Francesco Minà Palumbo, oltre a incrementare i suoi rapporti con i Costa e i Briganti, noti naturalisti napoletani, affinare le tecniche pittoriche e apprendere quelle tassidermiche, possa avere svolto attività di assistentato presso l’Ospedale degl’Incurabili e di santa Maria della Fede, dove svolgevano l’attività medica i suoi professori dell’università partenopea.

 


[1] Giuseppe De Luca, Francesco Minà Palumbo. Una vita fra umanità e scienza, II, «Le Madonie», 15 luglio 1990.

[2] Giuseppe De Luca, cit. III, «Le Madonie», 1 agosto 1990.

[3] Giuseppe De Luca, cit. III, «Le Madonie», 1 agosto 1990.

[4] Pietro Mazzola, Il personaggio e l’opera in Francesco Minà Palumbo Iconografia della storia naturale delle Madonie, Sellerio, 2011, vol. I, p. 22.

[5] Silvana Raffaele, Restaurazione e istruzione nel Meridione borbonico, «Annali della Facoltà di Scienze della Formazione», Catania, 2004, n. 3, p. 241.

[6] Orazio Cancila, Storia dell’Università di Palermo dalle origini al 1860, Laterza, 2006.

[7] Sono grato per la traduzione alla prof. Rosanna Cancila e al prof. Thomas Conti.

[8] Silvana Raffaele, cit. p. 258.

[9] Orazio Cancila, cit., p. 381.

[10] Pietro Mazzola, cit., p. 28, nota 5.

[11] Pietro Mazzola, cit., p. 23.